L’annuale survey sui trend del mercato promozionale, realizzata dalla rivista Promotion, registra una lieve schizofrenia del settore, con gli operatori che un po’ meno ottimisti e le aziende disposte a investire di più nel corso dell’anno
Non è il “migliore dei mondi possibili” vagheggiato dai filosofi, quello in cui viviamo da qualche anno a questa parte. In un simile contesto, il mercato del promozionale può vantare un’assicurazione sulla vita che gli altri settori del commercio solitamente non hanno: esso è infatti anticiclico per definizione, ossia produce stimoli per alimentare i consumi anche – e soprattutto – nei tempi di vacche magre.
Il quadro che emerge dall’annuale survey della rivista Promotion sullo stato di salute del settore (sarà presentata a PTE il 22 gennaio) è la conferma di tali premesse: le incertezze dello scacchiere geopolitico ed economico si riflettono infatti sulle indicazioni di spesa promozionale degli operatori e delle aziende, tuttavia in misura non preoccupante. Il mercato registra indubbiamente un rallentamento: a gennaio 2025 è scesa dall’88% al 77% la quota degli intervistati che dichiara che spenderà di più in prodotti promozionali rispetto all’anno precedente, il che equivale a uno spostamento di più del 10% degli ottimisti nella zona grigia degli “attendisti”. Rimane però stabile la quota dei pessimisti, mentre quella degli indecisi cresce all’11%.
Fin qui gli operatori. Il calo di fiducia di questa parte del mercato sembra comunque essere compensato dalle aziende finali, le quali dichiarano di investire di più. L’85% dei manager afferma che ritiene “molto probabile” o “probabile” che acquisterà prodotti promozionali nel corso dell’anno (la scorsa rilevazione indicava un -10% circa). Cresce inoltre la quota dei manager (più di 1 su 2) che dice che la sua azienda spenderà di più quest’anno confronto al 2024 (58% rispetto al 52% della scorsa rilevazione).
Per quanto riguarda la tipologia di prodotti acquistata, si riconferma il trend già emerso lo scorso anno: cresce tutto quanto è legato agli eventi (dai lanyard ai badge ai give away), ai viaggi (valigeria in genere) e allo sport. Le performance dell’Italia nel mondo tennistico, sciistico e olimpionico trainano la richiesta di articoli sportivi. Diminuisce invece, sebbene di poco, la propensione ad acquistare articoli legati al mondo kids e ai casalinghi. La prima è il logico riflesso della crisi demografica, mentre la seconda è semplicemente un assestamento rispetto alla fiammata del settore verificatasi durante il lockdown.